Masculu e fiammina
di e con Saverio La Ruina
musiche originali Gianfranco De Franco
collaborazione alla regia Cecilia Foti
scene Cristina Ipsaro e Riccardo De Leo
disegno luci Dario De Luca e Mario Giordano
audio e luci Mario Giordano
organizzazione Settimio Pisano
produzione Scena Verticale
Masculu e fìammina
di Carlo Fanelli
L’ultimo assolo di Saverio La Ruina permane nella sfera dell’intimo, affidato ancora una volta alla dimensione monologante di un unico personaggio. Tuttavia, se in Dissonorata e La Borto, l’attore si era calato nella dimensione del femminile tradito e sfigurato, in quest’ultimo testo affronta, con lo stesso scavo interiore, il tema dell’omosessualità. La frattura tra individuo e società, già proposta nei due testi citati, permane così come l’oscura presenza del pregiudizio e della condanna atavica; il lutto, qui evocato nella madre morta, personaggio in absentia incombente nelle parole e sulla coscienza di Peppino, il protagonista.
Più complessa, in questo caso, la relazione col femminile, essa lascia il posto ad una sensibilità mediana, di un maschile considerato deviato da una società che prevarica le istanze femminili, che poi sono quelle portate in scena da Saverio La Ruina negli spettacoli precedenti. Ulteriormente interessante tale aspetto, se osservato da un punto di vista del travaso di personaggi femminili nell’attorialità di Saverio La Ruina e nella restituzione del femminile in altra modalità imitativa, poiché la dimensione di metamorfosi e fusione tra maschile e femminile in questo caso si completa ulteriormente. Identicamente profondo lo scavo interiore del protagonista, la confessione che si compone di fronte ad uno spettatore attonito che resta invaso e commosso dal racconto. Nel caso di Masculu e fiammina, a fare da sponda all’attore monologante è l’assenza-presente di un altro personaggio, quello della madre, colei alla quale il figlio ha svelato la sua natura e attraverso il cui muto ascolto, restituisce la sua storia-confessione, la cui “presenza” è accennata dalla sua lapide cimiteriale con foto che ne sostituisce sulla scena, in cui è accennato il perimetro di un cimitero, la presenza fisica. Ma la donna è ben presente, oltre la sua fisicità, attraverso qualcosa di più incombente e decisivo: il pregiudizio, poi vinto dall’affetto e dalla comprensione che soltanto una madre può corrispondere. Il freddo non è solo una dimensione atmosferica evocata ma la metafora della condizione di solitudine nella quale Peppino ha convissuto con la sua omosessualità, in un ambiente circostante gravato da pregiudizi e luoghi comuni. Per i compaesani quelli come lui sono “malati”, “sporchi”, “invertiti”, “froci”, “finocchi”, “ricchioni”, secondo un degradante e tristemente noto repertorio omofobo.
I documenti sono pubblicati nella lingua originale. In caso siano stati tradotti, vengono pubblicati sia l'originale che la traduzione.
Masculu e fìammina
trailer
Chi è di Scena
Rubrica del tg3, RAI, andato in onda il 5 febbraio 2017
dal minuto 7:26 su Masculu e fìammina
Maria Grazia Gregori, Masculu e Fìammina, «delTeatro.it», 16 dicembre 2016
Anna Bandettini, Quel monologo che diventa sentiero verso la vita nascosta, «la Repubblica», 18 dicembre 2016
Magda Poli, Confessioni (in dialetto) di un gay, «Corriere della Sera», 5 gennaio 2017
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