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Kinkaleri

West, 2002-2006

Kinkaleri. WEST(New York). 2007. Still image. © Kinkaleri

WEST (2001-2008)

(Parigi, Roma, Amsterdam, Atene, Vienna, Berlino, Bruxelles, Londra, Praga, Pechino, Tokyo, New York)
Progetto, produzione e realizzazione: Kinkaleri
Coproduzione: Batofar (Paris), C-ARTE Centro Arte Contemporanea Luigi Pecci (Prato), Festival Enzimi 2003 (Roma), RED Festival (Reggio Emilia), Tanzquartier (Wien), VideoDance Film Festival (Athina).
In collaborazione con: 4+4 Days in Motion (Praha), Osservatorio Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Ente Teatrale Italiano, Hebber-am-Ufer (Berlin), Istituto Italiano di Cultura (Beijing), Istituto Italiano di Cultura (New York), Istituto Italiano di Cultura (Tokyo), Corpi Altri 4th Skin Arts Network (Tokyo), Kaaitheater (Bruxelles), TTV (Riccione), Xing (Bologna).
Prima mondiale: Fabbrica Europa Festival 2009, Stazione Leopolda, Firenze. 5 maggio 2009 opening + live performance, 5-24 maggio 2009 videoinstallazione.

Imparare a cadere. Itinerari per una resurrezione occidentale

di Francesca Magnini
Chiedere a degli sconosciuti incontrati per strada di fermare per un attimo la propria attività e cadere a terra secondo una formula definita in modo maniacale: inquadratura fissa, tempo di posa sempre identico, e poi giù a terra. La caduta ha una certa sapienza teatrale, secondo Kinkaleri. I corpi immobili a terra evocano scenari, luoghi, persone, colori, fatti e immagini contrastanti: i cadaveri delle vittime di attentati e guerre, le pose delle comiche del muto, memorie devastanti come quelle legate all’11 settembre, giorno in cui i nostri occhi hanno assistito inermi e attoniti a persone che si lanciavano nel vuoto sicuri di morire, ma per cercare lo stesso un’ultima chance di salvezza.

WEST non è uno spettacolo vero e proprio, è una video-installazione pensata per musei d’arte – uno delle opere più complesse realizzate da Kinkaleri, paradigmatico di un certo modo di intendere il fare artistico, sia per le implicazioni e i diversi piani di lettura possibili, sia per le contraddizioni insite nel progetto stesso – e non vi partecipano performers professionisti, ma gente della strada. Gente comune filmata mentre cade per terra, in tutto il mondo. La città è lo sfondo, la scenografia essenziale. L’unica indicazione data ai passanti disposti a recitare questa “morte” è quella di restare a terra, immobili, con gli occhi chiusi, senza aggiungere pathos, senza drammatizzare o enfatizzare quest’atto per non renderlo interpretativo. Motivi per rifare la scena lungo il processo, infatti, sono stati legati per esempio al fatto di aver inavvertitamente aperto gli occhi o di essersi leggermente mossi, molto meno per essere caduti esteticamente “male”. In realtà l’inquadratura fissa in cui il tempo «ha un valore centrale, fondante, riequilibrante” – spiega Gina Monaco – è una scelta decisa dopo tante prove e – aggiunge Marco Mazzoni – si è presto rivelata fondamentale per «cercare un rapporto forte tra lo sguardo di chi cadeva e la videocamera».

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