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Societas Raffaello Sanzio

Orestea (una commedia organica?). 1995

Socìetas Raffaello Sanzio. Orestea (una commedia organica?). 1995.

*I focus dedicati alla Socìetas Raffaello Sanzio vengono presentati diversamente dagli altri per accordi intercorsi con la compagnia, che, per la visione del proprio archivio, rinvia alla mail info@societas.es.

Orestea (una commedia organica?)

da Eschilo
regia e scene Romeo Castellucci
ritmo drammatico Chiara Guidi
melodia Claudia Castellucci
con Nàtali Carvalho Oliveira, Claudia Castellucci, Loris Comandini, Febo Del Zozzo, Nicola Di Martino, Paolo Guidi, Enzo Lazzarini, Nicoletta Magalotti, Carlotta Piras, Giovanni Velia
cura Gilda Biasini
cura scenica Paolo Guidi
produzione Socìetas Raffaello Sanzio
in collaborazione con Teatro Bonci di Cesena, 1995
Prima rappresentazione Santarcangelo, Villa Torlonia, 4 luglio 1995

L’Orestea dei Socìetas Raffaello Sanzio

di Valentina Valentini
Attingere ai miti, a trame (mythos) già esistenti, appartenenti alla tradizione orale (come per la tragedia greca) o letteraria (come per il teatro shakespeariano), è un’operazione accreditata e legittimata dalla storia della letteratura drammatica che si configura come un repertorio frutto di contaminazioni e innesti di storie, personaggi, eventi che appartengono all’immaginario collettivo, riletti alla luce di un presente in trasformazione che dà ad essi una nuova forma.
Il teatro della Raffaello Sanzio, prima di rivolgersi ai testi classici, come l’Amleto e l’Orestea, ha messo in scena miti appartenenti ad una tradizione extraoccidentale, dalla quale ha attinto delle trame favolistiche, un universo in cui divino e umano, mondo degli inferi e mondo terreno, animali e mostri, si presentava sulla scena a marcare la sua estraneità rispetto al mondo dello spettatore. Un teatro siffatto, le cui armi sono “argomenti prelinguistici”, mira a destare nello spettatore uno stupore infantile in modo che rinunci al gioco intellettuale “di comporre i significati” e si renda disponibile “a essere colpito da un lampo”. Solo mettendo da parte l’attitudine discorsiva, il singolo potrà partecipare al rito teatrale e condividere collettivamente la visione che esso propone.
La tendenza mitopoietica della Socìetas Raffaello Sanzio non si esercita solo su spettacoli composti sulla traccia di una fabula mitica (come La discesa di Inanna che narra della lotta della dea dell’amore e della guerra per impossessarsi del regno degli Inferi), in quanto è fondata sulla pretesa di creare un “dramma” e un teatro fuori dal tempo, “murato e immobile”, imperituro come le iscrizioni sulle lapidi funerarie1. Quindi sia gli spettacoli più teatralmente “politici” come Santa Sofia (1985) e I miserabili (1986), sia quelli di impianto mitico-leggendario come Alla bellezza tanto antica (1987), La discesa di Inanna (1989), Gilgamesh (1990), sono volti a fondare un immaginario e una prassi rituale che non ammette implicazioni con la realtà fenomenologica. Attingere al mito e alimentare la propria produzione mitografica significa comporre un mondoteatro (i due termini coincidono) fatto di immagini archetipiche e antistoriche: i miti agricoli della nascita e della morte e quelli della fertilità si fondono con l’immaginario psicoanalitico e archeologico.

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