Pozzo, 1978.
scritto e diretto da Claudio Remondi e Riccardo Caporossi
interpretato da Armando Sanna, Pasquale Scalzi, Davide Lora, Carlo Volpi
prima rappresentazione Roma, Teatro in Trastevere, sala Pozzo, 1978
Pozzo: l’invadenza del sommerso.
di Sabrina Galasso
Nel 1978, Remondi e Caporossi scoprono e ristrutturano un’umida grotta per tanto tempo inutilizzata nei sotterranei del Teatro in Trastevere, a Roma, dove nasce Pozzo. Generato da un lavoro di trasformazione di un ambiente, vi si avverte la dominanza del codice spaziale, che assume su di sé gran parte dei contenuti dello spettacolo, il quale si svolge in un continuo rapporto fra i due luoghi — sopra e sotto — individuati dal pozzo, e intorno ai movimenti di ascesa e di discesa che esso suggerisce. L’emergere e scomparire di oggetti, animali, figure umane attraverso un pozzo al centro della scena, e gli sfortunati, divertenti e allarmati tentativi dei protagonisti di stabilire dei rapporti con queste presenze, costituiscono la trama dello spettacolo, in una serie di mutamenti delle relazioni fra oggetti e personaggi nello spazio. In un primo momento Claudio, solo in scena, è attratto dalla musica che sembra provenire da un ombrello aperto, poggiato per terra e del quale si vede solo la, parte superiore. Scoperto il compagno Riccardo, che se ne sta appeso, dentro il pozzo, al manico dell’ombrello, il luogo si anima di altre due figure: un cieco, che i due calano nella cavità e l’uomo”, creatura muta e dai movimenti meccanici, che passa e ripassa, uscendo dal pozzo a ritmo scandito. Per sondare la cavità misteriosa, Claudio e Riccardo vi inviano, per mezzo di una conocchia, una pietra di cui non si ode il tonfo e affidano all’“uomo” dei secchi e degli strumenti musicali, che riescono fuori inspiegabilmente moltiplicati. L’apparire di un sacco e poi di una pelle dal pozzo fornisce ai due protagonisti gli strumenti per bloccare brutalmente il passaggio dell’ “uomo” (o forse degli uomini), come suggeriscono le numerose mani. che si protendono dal fondo del pozzo nel tentativo di uscire). Lo spettacolo si conclude con Claudio e Riccardo che colpiscono furiosamente con delle clave la pelle di cinghiale stesa sull’orlo della cavità, mentre dall’alto cala la pietra precedentemente scomparsa. Di Pozzo esistono due testi, uno verbale e l’altro visuale, realizzati quando lo spettacolo era ormai completamente strutturato.
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Claudio Remondi e Riccardo Caporossi, Pozzo, testo-didascalia, in Sabrina Galasso, Il teatro di Remondi e Caporossi (1970-1995), Roma, Buolzoni, 1998.
Claudio Remondi e Riccardo Caporossi, Pozzo. 47 (quarantasette) parole di Claudio e Riccardo su «Pozzo», scrittura scenica dello spettacolo; disegni di Riccardo Caporossi, 1978.
Pozzo,
montaggio effettuato da Alì God Mohammad Zadeh e Riccardo Caporossi sulla documentazione video dello spettacolo.
Aggeo Savioli, Dal Pozzo escono i fantasmi del giorno, «l'Unità», 22 aprile, 1978
Nico Garrone, Dal tombino un ''sogno'' d'amore «la Repubblica», 22 aprile, 1978.
Rita Cirio, Mr. Assurdo è giù nel pozzo, «l'Espresso», 7 maggio, 1978.
Alberto Abruzzese, Il cieco nel pozzo, «Rinascita», 19 maggio, 1978.
Franco Quadri, Pozzo, «Panorama», 13 giugno, 1978.
Antonio Pizzo, La macchina mentale e l’esperienza elementare e meravigliosa, in Antonio Pizzo, Materiali e Macchine nel teatro di Remondi e Caporossi, I.U.O., Napoli, 1992.